Paolo Berlusconi: “Silvio addolorato, voleva cedere ad un italiano. Ecco perché i tifosi devono essere tranquilli”
Interessante intervista de La Gazzetta dello Sport a Paolo Berlusconi, fratello del Silvio che due settimane fa ha ceduto il Milan a Yonghong Li dopo 31 anni di gloriosa presidenza. Ecco le sue dichiarazioni più significative: “Sapevamo che prima o poi il closing si sarebbe concretizzato, ma in realtà non si può ritenere di essere mai davvero preparati di fronte a uno scenario del genere. Non dopo 31 anni. Mio fratello distrutto? Non esageriamo. Molto addolorato, questo sì. Il Milan è sempre stata una questione di cuore e non di affari. È la sua creatura. Lungo gli ultimi mesi ho visto farsi strada in lui nello stesso momento la convinzione di dover vendere e il dispiacere per doverlo fare. E più aumentava la convinzione, più aumentava il dispiacere“.
Ma come e è quando Silvio Berlusconi ha deciso di vendere il Milan? “Di certo i giorni dell’intervento al cuore, lo scorso giugno, hanno giocato un ruolo importante. Dopo l’operazione ci ha mandato un videomessaggio in cui diceva che da quel momento avrebbe avuto più tempo per la famiglia. Lì abbiamo capito, e la conferma è arrivata nelle nostre successive riunioni familiari del lunedì ad Arcore, che finivano col suo via libera alla vendita. Detto con una faccia che potete immaginare… Vorrei chiarire che la famiglia non l’ha mai obbligato a fare nulla. Anzi, gli è stato detto più di una volta: ‘Se vuoi tenere il Milan è un tuo diritto e continueremo a sostenere economicamente il club anche se è complicato’. Ma in lui ha prevalso la razionalità. D’altra parte fino a quando gli utili di Fininvest sono stati di un certo tipo, i sacrifici economici sono stati compatibili. Oggi invece sarebbe immorale usare in funzione di un bene di lusso gli utili di un’azienda che dà lavoro a migliaia di persone. Ecco perché la ragione ha dovuto prevalere sul cuore. Ma in realtà c’è stata anche un’altra cosa che ha addolorato mio fratello: non aver consegnato il club a un imprenditore milanese, o quantomeno italiano. Non si è fatto avanti nessuno ed è un peccato perché in quel caso credo avrebbero potuto esserci delle agevolazioni nell’acquisto. Invece ho sentito dire che sarebbero stati soldi di mio fratello da far rientrare: ridicolo”.
Sulla lunga trattativa: “La prima ipotesi era stata cedere una quota di minoranza, ma evidentemente Mr. Bee era il cavallo sbagliato. Il progetto industriale era valido e interessante, però è mancata l’aggregazione degli investitori. Yonghong Li? Matti che investono centinaia di milioni senza un progetto e senza garanzie non ne ho mai visti. Lasciamo che il tempo faccia giustizia dei timori. Mr. Li ha perso i soci per strada a causa delle restrizioni cinesi. Adesso che ha in mano il Milan potrà muoversi con più di calma e troverà senz’altro dei partner. Ai tifosi dico di stare tranquilli perché la sua, a differenza di Silvio, non è un’operazione di cuore, ma di business. Ed è proprio questa la garanzia. Inoltre mio fratello ha preteso nel contratto garanzie di investimenti cospicui. Ed è una tranquillità anche la presenza di Elliott: se qualcosa andasse storto, il fondo garantirebbe una soluzione. È interesse anche loro. Tempi lunghi? I ritardi sono stati una situazione imbarazzante sia per Fininvest, sia per gli acquirenti. Ma ora la strada mi pare segnata: Li ha obblighi di investimento e l’approdo naturale è la quotazione in una Borsa cinese. E’ il punto d’arrivo evidente“.